Il vero "Underground" è quello di Bologna
Un circuito ben radicato nello stivale, da Pordenone e Molfetta, da Terni a Cuneo, da Crotone a
Bologna. L'ultima da molti considerata la patria dell'Undergroud, quello con la "U" maiuscola: nei '90 i Massimo Volume e Il Sangue Misto dall'altro, ora gli Storm{o}, gli Zu (trasferiti qui da poco), Bologna Violenta, e Dsa Commando, Kaos ed Inoki dall'altro. Merito anche e soprattutto di quegli spazi che offrono un ottimo spettacolo ad un prezzo accessibile. Penso alla programmazione infinita del Freak Out che propone qualcosina anche a Zona Roveri e Tpo, club, capannanoni e centri sociali, il vero polmone di un apparato musicale non indifferente. Perché non tutti possono permettersi un concerto come quello dei Metallica all'Unipol Arena. Lo studente può aspirare al massimo ad una tessera più biglietto, aspettando costantemente l'estate con i concerti gratis all'aperto. Una comunità urbana, multiculturale, a stretto contatto con quella universitaria, 1/4 della popolazione, molti dei quali bazzicano per Zamboni intenti a strappare l'ennesima locandina da apperndere in camera. L'attitudine del clubbing underground, in questo caso pesante-alternativo, è quella del DIY: do it yourself sempre. Dalla produzione alle grafiche, dal merch ai live, il marchio di fabbrica che contraddistingue una scena interessante quanto dispersiva. Migliaia le influenze, gli stili, le band che compongono lo scenario alternativo italiano, costellato da nomi di alta qualità, molti dei quali condividono il netto divario tra il successo all'estero e quello in casa.
La salvezza della scena è il festival: la possibilità di ascoltare più di una band. Lo Zootropio è una di queste, e si terrà al Mikasa il prossimo 2 Marzo. Ho avuto il piacere di lavorare con alcune di queste e vi posso assicurare che non scherzano affatto (un occhio di riguardo per Cani dei Portici e Storm{o}). Un pezzo di scena bolognese che si esibirà a meno di una settimana, l'ennesima occasione per assistere a quel che Bologna ha di meglio da offrirci.
Una posto che non scherza in fatto di club (Freak Out, Covo Club, Locomotiv Club, Estragon, etc..) , centri sociali (aimé sempre meno a causa degli sgomberi), festival: primo fra tutti il Krakatoa giunto ormai alla terza edizione. L'occasione di ascoltare tutto in una volta quel che di buono ha da offrirci l'underground, dal post-hardcore all'indie rock, dall'elettronica all'hip hop. Qui sotto la locandina del primo esperimento del fest e devo dire che non è andato affato male, coinvolgendo amanti del genere e curiosi ad assistere allo spettacolo.
Il 27 agosto 1883 il vulcano indonesiamo Krakatoa eruttò con una violenza tale da sprigionare un'energia sonora di 200 megatoni, provocando quello che presumibilmente fu il rumore più forte mai udito sul pianeta in epoca storica. Un boato avvertito a quasi cinquemila km di distanza.
Ci siamo ispirati alla potenza di questa eruzione sonora per costruire un festival che mettesse insieme alcune delle band più innovative e potenti, attive in Italia nei nostri giorni. 30 band per 2 giorni con più di 25 ore di musica – su 2 differenti palchi: l’idea è quella di sprigionare un boato talmente potente da causare qualche crepa nell’esistente e che faccia nascere nuovi territori di ricerca e contaminazione sonora.
La particolarità del fest è l'intensità e la mole di distorsioni che demoliscono il Tpo dalle 15:00 di sabato e domenica. Lo scorso anno tuttavia non ha entusiasmato quanto il primo nonostante la line-up molto invitante (Slander, One dimensional Man etc). Un tavolone di merch lungo quanto il centro sociale e due palchi, il secondo usato per progetti minimali o semplicemente per motivi di tempo. 24 ore di musica non-stop, esibizioni precise, svizzeri e incazzati neri suonano per tutto il tempo facendoti uscire fuori di capoccia. Lì la birra è fondamentale: consiglio spassionato, arrivateci ubriachi perché la faccenda si fa bella pesa, vorrei vedervi lì dal pomeriggio alla notte pogare, urlare, spingersi nel pubblico che inonda il Teatro Polivalente Occupato.
Ne vale davvero la pena e si pensa al costo totale di ogni esibizione al Freak out che supererebbe di gran lunga il biglietto d'entrata al fest di 15 euro. Sono queste le occasioni, quelle da non farsi scappare. Quando ti ricapita di ascoltare Three in one gentlemen suit, Hate & Merda, OvO, Splatterpink, Nero di Marte e Fuzz Orchestra nella stessa sera? Per non parlare di Lili Refrain, LLeroy, Testa de Porcu, Marnero, Ornaments, Bachi da Pietra, Uochi Toki, Bolgna Violenta, Zeus, Johnny Mox etc Una programmazione di tutto rispetto, che sia festival, locale, è proprio quel che ci serve, trasmettere gli stimoli giusti, intrattenere. Ma non è finita qui: la città è tormentata giorno e notte da serate, da dj set in luoghi improbabili a secret show punk hardcore, dal Robot Festival al Link che ogni fine settimana porta quel che di meglio si può chiedere dell'elettronica europea e internazionale. Siamo proprio in zona borderline tra underground e mainstream, quindi è meglio tornare sui nostri passi tornando a parlare della fitta selva oscura in cui si annidano centinaia di realtà musicali, principalmente post-hardcore, doom/stoner, elettronica, hip hop. Un agglomerato di cattiveria che parte del basso e che si consolida nel tempo, che prende forma in riff brutali e atmosfere mistiche, tecnicismi e svarioni d'improvvisazione. Chi più ne ha più ne metta e fidatevi: il livello è davvero molto alto se si considera anche il meglio che può offire il punk americano e inglese spesso tappa a Bologna (Dead Kennedys, Exploited, Negative Approach).
Più di un'occasione per esprimersi, farsi influenzare, assistere al meglio che può offrirci Bologna, nel suo disagio e degrado, nella precarietà degli spazi in preda alla gentrificazione, quel che ci rest da fare è uscire di casa e andare ai concerti: tutto dipende da noi e non ci resta che continuare così.Non ci resta che ricordare eventi come la chiusura dell'Atlantide di Via Santo Stefano che sarebbe stato sgomberato definitivamente nei giorni successivi ai primi scontri, le prime tensioni tra attivisti e forze dell'ordine, militanti e organi dello Stato in continuo scontro. Ecco a voi alcune immagini.
Continuare con lo spirito dello scambio date, della proposta internazionale, del supporto di gruppo
dei progetti che meritano: è qui che serve un rapporto trasparente tra artista e promoter, band e gestore del locale, musicisti e discografici. Più il limite si assottiglia e più i lavori funzionano, specie se la direzione la si guarda come una famiglia. Meglio ancora se nascono collettivi, collaborazioni, split, perché "l'unione fa la forza" e se continuiamo a circordarci di gente che si sbatte, allora sì che potremo continuare a parlare, a dire quanto siamo variegato ed interessante il panorama underground.
Dell'importanza della provincia, del grande centro, dal pub al club, dallo scantinato al palco, la storia l'hanno fatta i fuori sede, studenti e lavoratori, i ragazzi che condividono quell'ideale indipendente portato avanti con coerenza e voglia di "non tornare mai indietro, nemmeno per prendere la rincorsa". Fino a quando esisteranno i luoghi, le persone, nessuno sgombero toglierà la voce alle band che per anni ci hanno fatto sentire un po' meno soli, parte di un mondo, come unici attori protagonisti.
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